Continuo a fissare questo vitello decapitato e mi chiedo come possa essere finito in questa situazione esilarante. Sono ad Abidjan su un taxi Yango, un servizio molto comodo, basta attivare la posizione sul tuo cellulare, scrivere l’indirizzo dove vuoi andare ed in pochi minuti un taxista ti raggiunge, il prezzo non si discute in base al colore della pelle, ma è scritto lì sul monitor, indiscutibile in base al chilometraggio e la stima del tempo impiegato data da google. A sorpresa la macchina in cui salgo è una bella Suzuki nuova, molto bella, ma non riesco a non fissare il porta-profumo che si trova sul cruscotto, una scatoletta profilata in metallo lascia intravedere un liquame arancione, il profumo appunto, e sopra questa scatola a mo’ di coperchio sacro si trova un vitello senza testa, evidentemente a causa di qualche frenata avventata. Questo tocco naif, mi riporta alla grottesca realtà africana anche su questo bel taxi.
Mi reco ad Abidjan da solo con la nuova macchina, un bel pick-up Toyota che è comodo sia nelle strade asfaltate, ma che ci potrà condurre anche nelle strade più accidentate dei villaggi. E ci vado proprio a causa della macchina: dopo tre mesi è finalmente arrivata la targa. Perché effettivamente la targa non arriva insieme alla macchina, ma viene posta solo un’etichetta con una targa provvisoria in attesa di non si sa quali pratiche, così la targa che doveva essere pronta a fine dicembre è pronta solo a fine gennaio e non è possibile inviarla altrove, è necessario rendersi ad Abidjan per sistemarla.
Lunedì lungo il tragitto verso ad Abidjan cerco però anche di trovare la soluzione ad altre questioni legate alla macchina: farle il tagliando e cercare di rimediare ad un piccolo incidente. Purtroppo alcuni giorni fa, mentre la macchina era parcheggiata in città, un balordo o un invidioso ha colpito il fanale posteriore danneggiandolo. L’assicurazione è stata fatta su tutti i rischi possibili e cerco di capire come fare per essere rimborsato. Chiamo a più riprese l’assicuratore il quale rimane sempre vago e fumoso… insomma non sa assolutamente come procedere e mi invita a recarmi alla sede centrale ad Abidjan. Per fortuna che sono già in capitale… Alla sede dell’assicurazione mi riceve un ragazzo serio serio, magro magro e taciturno che appena spunta dalla sua scrivania ingombra di cartellette contenenti dossier. Verificato il danno mi dà un buono da presentare al meccanico perché lo ripari. Miracolosamente riesco a prenotare sia il tagliando che la riparazione mercoledì mattina.
Martedì si annuncia una giornata semplice: devono solo istallare la targa. Alle 7 e 30 mi presento all’ufficio con nello zaino ciabatte e occhiali da sole: finite queste formalità si va al mare, ma rimango basito quando mi viene detto che la macchina sarà pronta alle 17 e 30. Alla fine decido di rimanere ad Abidjan per leggere e riposare e quando mi reco all’ufficio e mi viene riconsegnata l’auto con la targa penso che neppure i monaci medioevali che disegnavano le lettere con le miniature e immagini sacre ci avrebbero messo tanto!
Mercoledì confido di poter ripartire, ma in mattinata la macchina deve essere revisionata e riparata. Ma ecco che il buono di riparazione che tengo in mano viene considerato invalido perché inviato per mail e non originale e quindi non può essere accolto. Rimango basito di fronte ad una dichiarazione di questo tipo! E mi chiedo quanto e come la burocrazia stupida possa frenare questo paese, in cui ogni cosa deve essere fatta in capitale secondo metodi e procedure dell’era pre-digitale. Ma c’è poco da fare, se voglio che la macchina venga riparata devo recarmi in taxi a prendere l’originale di questo buono che si trova all’assicurazione. Ed è in questo viaggio esilarante che mi ritrovo davanti il porta-profumo con il vitello senza testa, metafora di un paese pieno di vita, ma senza una chiara visione di futuro. La macchina è pronta per mezzogiorno e posso finalmente partire, ma devo adempiere ad un’ultima procedura: una tassa da pagare annualmente per le camionette che entrano nel suolo di Abidjan. Mi reco in comune e là scopro che mi attende una coda immensa per ottenere questa ultima carta. E mi ritrovo due ore estenuanti, in cui provo a leggere, pregare, riflettere, con una coda che avanza lentamente e quando un po’ scocciato dico che una carta tanto semplice bisognerebbe farla on line nel 2023, il mio vicino di fila mi guarda basito affermando che ho avuto veramente un’idea geniale… ma va!
Ormai si è fatto tardi, ma non voglio più restare ad Abidjan, arriverò con il primo buio, ma voglio rientrare ad Agnibilekrou e stare tranquillo a casa. Attraverso una caotica Abidjan martoriata dai lavori di rinnovamento anche in vista della coppa d’Africa dell’anno prossimo. E mentre sto lasciando Abidjan i raggi un po’ più bassi del sole illuminano campi, villaggi e si vedono bimbi fare il bagno nel fiume e ragazzi correre dietro al pallone nel campo di terra battuto e donne che camminano portando sulla testa recipienti pieni di tronchi per accendere il fuoco la sera e cucinare per le loro famiglie e caschi di banane e penso che “anche l’ultima città dell’imperfezione ha la sua ora perfetta, l’attimo, in cui in ogni città c’è la Città.”


