Tutti i bimbi della scuola si stringono attorno alla loro amica, tra poco partirà per un viaggio che mai avrebbe immaginato, un viaggio che può riaccendere la speranza di una vita normale. Questo è viaggio che non le ridarà il sorriso perché quello non l’ha mai perso ed ha sempre trasfigurato ed illuminato il suo splendido volto nonostante le difficoltà che ha dovuto attraversare. E mentre i suoi amici le si stringono attorno firmando un biglietto di auguri e tutti le cantano canzoni che non può comprendere, i suoi occhi si riempiono di lacrime e pure io, grande e grosso ritorno bambino e non riesco a nascondere l’emozione perché questo momento è frutto del lavoro, delle attese, dei sogni e delle speranze degli ultimi anni.
La ragazzina con gli occhi pieni di lacrime si chiama Ramatoullay e la conosciamo ormai da tre anni. Lei ha avuto una vita normale fino agli otto anni quando è stata colpita da una violenta meningite che la porta al coma. Miracolosamente si risveglia, ma Ramatoullay è diventata sorda. Questo la costringe a lasciare la scuola e noi la troviamo sola nel suo cortile. È là che conosciamo una ragazzina splendida che tanto può dare, ma che ignoranza e trascuratezza hanno lasciato in disparte. Grazie al lavoro di Walter riprende la scuola, seppure in una situazione protetta all’interno del cortile della parrocchia e si dimostra una delle alunne più brave malgrado la sua disabilità.
Nel frattempo ci informiamo sulla possibilità di un intervento alle orecchie, in particolare un impianto cocleare che possa permetterle di recuperare l’udito. Scopriamo che anche in Costa d’Avorio si fanno questi impianti e cominciano una serie di viaggi per capire la fattibilità dell’operazione. È soprattutto Walter che si prende la responsabilità di portarla ad Abidjan a cinque ore di strada verificare tramite certi esami la fattibilità dell’operazione. Spesso sono viaggi umilianti, fatti a vuoto, in cui le informazioni vengono date parzialmente e gli esami non possono essere fatti per qualche futile ed incomprensibile motivo, costringendo a rinviare tutto di settimane. Ma dopo lunghi ed estenuanti ricerche la risonanza magnetica dà esito positivo: effettivamente con un impianto cocleare Ramatoullay potrebbe recuperare l’udito.
L’operazione è molto costosa è comincia la ricerca dei fondi, ma alcune ong ci scoraggiano ulteriormente. Non solo l’operazione è molto costosa ma è fallimentare e molti che vi si sono sottoposti in Costa d’Avorio non hanno recuperato l’udito. Di fronte a queste notizie proviamo a intraprendere una strada ancora più complicata: portare Ramatoullay in Italia per poterla operare in un contesto più sicuro. Un’associazione di Verona che opera in questo ambito ci sostiene in questa ricerca. Anche dall’Italia la burocrazia non aiuta, si attendono degli stanziamenti della regione veneto per operazioni umanitarie. Ma i tagli alla sanità colpiscono molto anche la parte umanitaria e di fatto è solo grazie alla generosità di molti amici che troviamo i fondi per far fronte a delle grandi spese. Ultimo scoglio da superare sono i documenti per Ramatoullay, il passaporto è da fare rigorosamente ad Abidjan. Elena, la volontaria laica che vive con noi da gennaio, si occuperà di accompagnare Ramatoullay nel viaggio e ottiene la delega parentale per avere la tutela della ragazza durante tutto il soggiorno in Italia. Infine manca il visto da chiedere all’ambasciata italiana: tra incomprensioni, incompetenze, dimenticanze il dossier di Ramatoullay si perde in qualche cassetto e la prima ipotesi di partenza salta. Don Marco e Elena riescono finalmente ad entrare in contatto con l’ambasciata e a fissare il volo il 22 maggio, giorno del mio anniversario di ordinazione presbiterale.
Il 21 maggio si svolgono i battesimi dei bambini in parrocchia, 28 ragazzi rinascono alla vita dello Spirito. Anche per Ramatoullay è giorno di rinascita… Lei è musulmana (Gesù non ha mai chiesto la nazionalità o il certificato di battesimo per aiutare qualcuno) ma anche lei ha la possibilità di una vita nuova. All’alba mi arriva la foto di Ramatoullay e Elena che con i loro bagagli si avviano verso l’imbarco dell’aeroporto … e penso che non poteva esserci regalo più bello per i miei tredici anni di Messa. Ora si attendono l’operazione e la degenza, ma siamo fiduciosi che un primo passo sia stato fatto per rendere la sua vita più felice. Lei continua a sorridere come ha sempre fatto e ogni suo sorriso ci riempie gli occhi di lacrime di gioia.





