Sabato 30 marzo, sono le 5 del mattino, e qualcuno veglia già da tutta la notte: dalla mattina precedente l’Eucarestia è esposta sull’altare della Chiesa per l’iniziativa delle 24 ore per il Signore da alcuni anni papa Francesco promuove. È in questo clima di silenzio e raccoglimento che i 47 partecipanti si trovano per la partenza del pellegrinaggio quaresimale. Pronti a condividere pane, pronti a condividere vita, si parte in direzione Akoboisué meta del primo giorno di cammino. La pioggia degli ultimi giorni rende l’aria del sabato mattino particolarmente frizzante e un po’ di frescura ci accompagna per tutto il giorno. Il primo tratto è al buio nella grande strada che da Abidjan corre verso il nord arrivando fino in Burkina Faso. Arrivati al primo villaggio, quello di Assikasso continua la nostra camminata su pista e nel chiarore dell’alba e nella strada di campagna si apre ai nostri occhi un’Africa affascinate, rigenerata dalle prime piogge e rigogliosa di natura. Mi perdo ad osservare i miei compagni di cammino: quasi tutti equipaggiati con degli infradito o con i mitici sandali di gomma, qualcuno sfoggia uno zainetto, altri portano una borsa con tutto l’occorrente sulla testa, altri ancora hanno lo zaino rotto e lo legano alla schiena con un telo come si farebbe con un bambino, alcuni sfoggiano un bordone in bambù ricordo dei pellegrinaggi degli anni precedenti. Il clima è sereno e si chiacchiera, ci si confronta e qualcuno cerca, con grande fatica di insegnarmi il nome del villaggio dove siamo diretti… “AKA” “AKU”“AKOI” “NO!!!!!, Akoboisué”.
Dopo più di 20 chilometri di tentativi di apprendere il nome arriviamo finalmente al villaggio riuscendo a pronunciare la nostra prima meta, sono da poco passate le 10 quando anche gli ultimi pellegrini arrivano, in tempo per evitare la calura del mezzogiorno. Qui ci sistemiamo in una scuola fatiscente… i banchi che spostiamo sono mezzi rotti e il controsoffitto è per metà distrutto. Le mamme del luogo ci preparano il pasto che consumiamo in allegria aiutati dal bangui (il vino di palma) e una bottiglia di whisky che ci viene offerta. Nel pomeriggio ci ritroviamo a meditare sul pellegrinaggio di un figlio che perduto decide di tornare dal Padre che aveva rinnegato. Il cammino del figliol prodigo diventa parabola dei nostri passi, anche noi chiamati a sollevarci dalla nostra miseria per andare verso un padre che accoglie in maniera incontenibile ed esagerata.
La mattina del giorno dopo, affrontato un temporale tropicale con venti che spazzavano la scuola e piogge che gocciolavano in testa a chi cercava di riposare, ci avviamo per l’altra tappa del pellegrinaggio fino al piccolo villaggio di Alikro. Dopo alcuni chilometri di pista, ci troviamo a percorrere piccoli sentieri all’interno della foresta: qui l’Africa svela tutto il fascino della sua natura selvaggia e vitale. Attorno a noi crescono immensi fromager, sotto questi alberi sparsi crescono le piccole coltivazioni, cacao, caffè, qualche anacardo. Il clima è molto umido e il cielo è lievemente velato, ma rimaniamo estasiati da questo panorama unico. La strada per Alikro è davvero selvaggia ed anche la pista più ampia è sommersa da pozze d’acqua sebbene siano stati pochi i temporali. In questo villaggio per anni si sono recati don Gianni e don Massimo, spesso sfidando condizioni davvero avverse per andare, almeno una volta al mese, a celebrare la Messa. Da alcuni anni la cura del villaggio è affidata alla nuova parrocchia di Aprompronou, ma il parroco riesce a visitare la comunità solo poche volte all’anno.
Arriviamo ad Alikro ed entriamo nella piccola chiesetta di san Michele. L’emozione è tanta perché, pur non essendo una bella chiesa antica, conserva il fascino della Chiesa di campagna e si respira una presenza che passa proprio nella povertà e nella semplicità di questo luogo… Non è tuttavia questa la metà del nostro pellegrinaggio, e dopo una preghiera ci spostiamo verso un accampamento ad alcuni kilometri di cammino, dove in un campo di cacao, si sta radunando tutta la parrocchia di Aprompronou per il proprio pellegrinaggio quaresimale. Per la messa, come da programma, ci aggreghiamo all’altra parrocchia parrocchia, siamo molto affaticati e la Messa che doveva cominciare alle 11 risente di qualche ritardo africano per cui prima delle 12.15 non comincia. Ma nonostante la fatica percepiamo questo momento come abbraccio finale del Padre che per noi, figli perduti, è sempre disponibile a donare tutto per rivestirci in maniera folle ed esagerata della sua misericordia senza limiti… c’est fantastique!