10 elefanti si dondolavano sopra il filo di una ragnatela e ritenendola una cosa interessante…andarono a chiamare un altro elefante!
Come dimenticare questo ritornello che da piccolo si canticchiava per ingannare il tempo tra le curve dell’autostrada della Cisa andando in maremma a trovare i nonni? Come tutti i ritornelli imparati da piccoli ti entrano dentro e non escono più, anche quando da grande ti ritrovi a vivere nella terra degli elefanti: la Costa d’Avorio. A dire il vero gli elefanti ivoriani, proprio come il mio ritornello, sono diventati ricordi di un antico passato: già ai tempi della colonizzazione erano stati sterminati per vendere avorio ai commercianti europei ed ora ne sopravvivono pochi esemplari reintrodotti dall’uomo in alcuni parchi naturali.
Qualche giorno fa ci rechiamo a Bettié, una località all’estremo sud della nostra diocesi. Père Valentin, il parroco di questa cittadina, ha chiesto a don Massimo delle idee per completare la Chiesa di un suo villaggio e pure io mi aggiungo per poter vedere una parte di Costa d’Avorio che non ho mai incontrato prima. Scegliamo di percorrere il tragitto più lungo percorrendo un bel tratto di strada che porta ed Abidjan, per poi svoltare e proseguire su una strada ancora ben asfaltata solamente gli ultimi trenta chilometri sono su una pista disastrosa in terra battuta fino al ponte sulla Comoé (il fiume più lungo della Costa d’Avorio), dove sorge la cittadina di Bettié. Qui incontriamo père Valentin e con lui ci rechiamo al villaggio dove i cristiani stanno costruendo la loro Chiesa. Loro ci chiedono delle vetrate colorate e dei disegni… ma effettivamente arriviamo ad un edificio che non è ancora pavimentato ed intonacato. I muri sono grezzi mattoni in cemento, il pavimento è una una semplice gettata di cemento eppure vorrebbero rendere questa Chiesa un luogo accogliente e bello.
Père Valentin ci spiega che la zona è tutta circondata da piantagioni di hevea, la pianta da cui si ricava il caucciù, necessario per fare la gomma dei copertoni e non solo. Un tempo c’era la possibilità di un certo agio perché l’hevea era pagata 1000 franchi al chilogrammo e i cristiani hanno cominciato a costruire la loro Chiesa grande e bella, ma in pochi anni il prezzo dell’hevea è crollato, arrivando a 100 franchi al chilogrammo… Ora si stenta a dare da mangiare alla propria famiglia con la produzione dello stesso campo. Nonostante questo il sogno di completare la Chiesa rimane viva nel comitato della comunità del villaggio.
Visto il luogo e pensata a qualche soluzione per poterlo renderlo bello ed accogliente, gli abitanti ci offrono un pasto e ripartiamo verso Bettié: il viaggio di ritorno è ancora molto lungo. Passato il ponte sulla Comoè, dopo pochi chilometri troviamo una situazione surreale, sulla pista disastrata scopriamo che un camion che trasporta tronchi di legno si è bloccato in mezzo alla strada a causa della rottura dell’asse centrale. A quel punto un altro camion, che passava per la pista, ha cercato di aggirare l’ostacolo da destra rimanendo infossato, ed un altro ha cercato di aggirare l’ostacolo a sinistra rimanendo a sua volta bloccato. Insomma in una stretta pista sterrata si trovavano bloccati 3 camion, tanto che pure le moto possono passare solo scaricando i bagagli!
Dove ci siamo fermati neppure prende il cellulare, ma decidiamo di tornare sui nostri passi per tentare di prendere un’altra strada che tutti ci hanno sconsigliato in quanto un ponte su un fiume è crollato. Affrontiamo così 90 chilometri di pista veramente degradata sorbendoci colpi e contraccolpi di mille buche disseminate per tutte il percorso e superando pure il tratto critico dove il ponte è stato ripristinato alla meglio. Attraversando piantagioni immense di hevea, ci troviamo in alcuni bassifondi in cui alcune decine di giovanotti scavano in pozze di fango. Non capisco di chi si tratti e mi viene spiegato che sono dei cercatori d’oro illegali che cercano fortuna in un lavoro massacrante, malsano con l’illusione di un facile guadagno.
E mentre sono in viaggio, proprio come da piccolo sull’autostrada della Cisa, mi trova a pensare che sono 10, poi 11, 12…20…30…50…90 e infine 100 gli elefanti della filastrocca che si dondolano sulla ragnatela… ma alla fine della canzoncina immancabilmente “vanno a finire in terra tutti quanti”! E mi sembra la storia della Costa d’Avorio e dei sui elefanti equilibristi… milioni di ivoriani che ogni giorno affrontano il filo di una ragnatela che si traduce in una strada impraticabile, un ponte distrutto, un lavoro mal fatto, una promessa non mantenuta, l’hevea che si vende a 10 volte meno di quanto preventivato e le pozze maleodoranti dove immergere i piedi per recuperare dell’oro… Un equilibrio precario in attesa di una brusca caduta: ecco il sotto sviluppo dell’Africa!
La chiesa in costruzione Piove sul bagnato in un villaggio ivoriano