L’Afrique est dur…l’Afrique est doux!

Diane sgrana i suoi grandi occhi per lo stupore, tiene per mano il secondo dei suoi figli Samou, il primo André è rimasto all’orfanotrofio di Agnibiliekrou, mentre il piccolino, Dieudonné, è legato sulla schiena avvolto in un telo secondo la tradizione africana. Probabilmente nella sua vita mai avrebbe pensato di trovarsi davanti ad una cosa simile, lei che per tutta la sua vita di cui non conosce la durata, è sempre vissuta in villaggi agricoli lontani dalla città. Io intuisco il suo stupore, e la invito a sfidare la sua paura. Uno, due tre passi… e siamo per la prima volta nella sua vita su una scala mobile. Il piccolo Samou appena sente il pavimento muoversi sotto i piedi si lascia andare terrorizzato, mentre io lo prendo in braccio. Lei meravigliata continua il suo viaggio verso il secondo piano di questo centro commerciale di Abidjan.

Per me che sono cresciuto a pochi chilometri dall’Oriocenter, si tratta di un luogo familiare, in cui mi districo senza problemi e tra gli scaffali del super mercato trovo senza troppi problemi gli stessi prodotti che ho sempre usato in Europa. Una donna come Diane non capisce, si perde e rimpiange il mercato d’Agnibilekrou dove, al contrario, niente mi sembra in ordine. Con la stessa pretesa la porto ad assaggiare una pizza in un ristorante italiano all’interno del centro commerciale, ma dopo che spilucca qualche fetta di pizza lascia il resto e capisco che rimpiange il riso immerso nella salsa come vuole la tradizione ivoriana. Le prospettive sono tanto diverse!

In fondo davvero Diane sarebbe rimasta volentieri tutta la vita nel suo villaggio, senza acqua corrente ne elettricità, dormendo in una casa fatta di fango. Eppure lei che non ha mai fatto un giorno di scuola, lei che neppure riesce a parlare il francese si è trovata ad affrontare una sfida davvero terribile. Un anno fa, nasce il suo ultimo figlio Dieudonné, ma questo bambino apparentemente sano in realtà ha una grave malformazione: manca completamente dell’ano. L’unica possibilità di lui è di essere ricoverato ad Abidjan per una colostomia. L’intervento riesce, e nella pancia del bimbo vengono fatte delle aperture dalle quali possa defecare. Il bambino viene dimesso, ma certo questa non può essere una soluzione per tutta la vita. E vengono prescritti analisi ed interventi per poter avere una vita normale. Ma Diane ha speso tutto quello che ha per l’intervento del suo bambino, ed il marito, come d’abitudine, l’accusa di stregoneria e di essere la causa della malformazione del bimbo e la abbandona.

Diane sola e senza mezzi si rivolge all’orfanotrofio davanti alla parrocchia e noi pensiamo di rivolgerci ad un’ong italiana di nome Kim. Si tratta di un’associazione che invia equipe di medici volontari a fare interventi nei paesi poveri del mondo e, in certi casi, prende in carico i malati più gravi portandoli in Italia. In loro troviamo tanta disponibilità e ci invitano ad Abidjan dove verranno proprio in questo novembre con il gruppo per una serie di operazioni. Partiamo da Agnibilekrou carichi di speranza per questo viaggio che per Dieudonné potrebbe dire finalmente, dopo un anno dalla nascita, una vita normale.

La nostra “gita” comincia quando è ancora notte, partendo da Agnibilekrou la mattina presto, fino ad Abidjan il viaggio si svolge bene, ma nella grande città rimaniamo bloccati in un traffico impressionante. Purtroppo non abbiamo un appuntamento prestabilito e vari contatti dell’associazione ci hanno dato orari differenti. Arriviamo all’ospedale alle dieci esatte, giusto in tempo per sapere che i medici sono appena partiti per una visita di protocollo, è qui che ci dedichiamo alla visita sorprendente del centro commerciale con le sue scale mobili. Cerchiamo di riprendere contatti telefonici con il gruppo di italiano che è qui ad Abidjan, ma non è facile comunicare. Alle 16 ci presentiamo ancora in ospedale e quando arriviamo ci mettiamo alla ricerca affannosa di questa equipe. Quando finalmente li raggiungiamo tiro un grande sospiro di sollievo e vedere questo gruppo di volontari d’italiani, ma fa sentire rassicurato. Posso finalmente parlare la mia lingua e comprendere dalle loro parole in cosa consista la patologia di Dieudonné. Cerco di rassicurare subito mamma Diane: occhi esperti guardano il suo bambino e ci assicurano sul fatto che l’operazione si può fare anche in Africa con i chirurghi africani, e che tutta la spesa dell’operazione sarà presa in carico dall’associazione. Visite, analisi, ospedalizzazione, sono più di mille euro: una spesa impossibile per chi come Diane vive di piccoli lavoretti.

E mentre spossato, ma soddisfatto e commosso sosto nel parcheggio di questo ospedale ivoriano, penso a tutta la fatica, agli inseguimenti, alle analisi e alle operazioni da fare, al percorso fatto da Diane in questi mesi, alle contraddizioni a tutto quello che ancora ci attende e a tutto quello che senza motivo sta naufragando: e non posso non sussurrare uno dei miei motti: “l’Afrique est dure”… aggiungendo allo stesso tempo “l’Afrique est doux”… (l’Africa è dura, l’Africa è dolce): mistero di un’assonanza tanto contraddittoria quanto reale!

Pubblicato da donlucapez

Prete dal della diocesi di Bergamo. Nato a Grosseto nel 1984. Ordinato il 22 maggio 2010. Curato dell'oratorio di Boltiere fino all'agosto del 2018. Dal novembre 2018 missionario fidei donum nella diocesi di Abengorou in Costa d'Avorio

Una opinione su "L’Afrique est dur…l’Afrique est doux!"

  1. Leggevo l’articolo al mio compagno anche lui ivoriano, e mi ha stupito quanta naturalezza c’era in quello che ascoltava…. Solo ad un certo punto mi ha interrotta dicendomi, ormai tutto il mondo è duro, io ho risposto sì ma solo l’Africa sa essere così dolce…. Si è vero!

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