Far ballare la scimmia

In questo tempo di strana quarantena tutto è sospeso in parrocchia. La vita fuori dalle mura della missione scorre normale, con il caos africano alle porte, ma il cortile della Chiesa rimane tristemente vuoto e la Chiesa è aperta solo per la preghiera personale. E allora in questo tempo sospeso ci si improvvisa: cuochi, giardinieri, archivisti, magazzinieri, falegnami, allevatori.

Da qualche giorno osserviamo con particolare attenzione le nostre due scimmiette, si tratta di due cercopitechi (scusate la digressione alla Piero Angela, ma mio papà mi ha fatto vedere tutti i super quark). Una, la più più grande, da parecchi anni vive alla missione, mentre la piccolina è arrivata l’anno scorso. Le due vivono nella stessa gabbia, ma in due scompartimenti separati da un pannello in legno che funge da porta: la grande è molto aggressiva e farebbe del male alla piccola! In questi giorni, don Marco ed io, le osserviamo mentre con le zampette si cercano e ci viene un’idea: e se togliessimo la separazione? Detto fatto, apriamo le botole e stiamo a guardare. La piccoletta è la prima ad entrare nella parte di gabbia a lei estranea e, curiosa, si mette a controllare ogni centimetro quadrato. La grande, sorniona, guarda la piccola con disinteresse e passeggia svagata. Noi controlliamo attentamente perché temiamo che avvicinandosi possano cominciare a litigare invece cominciano a spulciarsi reciprocamente come tipico della loro specie (su questo chiedete ancora spiegazioni a papà Sandro con tutta la saggezza dei super quark).

Don Marco, sempre ingegnoso, prepara una scatola del caffè in modo che diventi una sorta di altalena per le scimmie e la piccoletta si diverte a saltellare qua e là ora che il suo spazio è raddoppiato e che può conoscere nuovi ambienti! Mentre guardo don Marco attaccare la sua nuova creazione lo prendo in giro: “sei proprio venuto in Africa a far ballare la scimmia”, alludendo ad un’espressione lombarda che indica qualcuno che perde il tempo con questioni da poco conto.

Le scimmie da due giorni ormai convivono in pace, la grande che temevamo aggressiva si rivela la più pacifica, mentre la piccoletta vuole giocare e cerca sempre nuove attenzioni. Un graffio è comparso sulla coda della piccolina, forse a causa di qualche eccesso di esuberanza “frenato” dall’altra, ma, intanto, niente di più. E questo gesto semplice mi sembra incredibilmente carico di senso: togliere le separazioni e le barriere. Questa operazione porta con sé un carico di paure e retaggi del passato. I timori di catastrofi nel cambiare uno status quo sono sempre in agguato: perché già in passato è successo; perché ci conosciamo e sappiamo che l’altro, dall’altra parte del muro, già troppe volte ci ha deluso; perché sappiamo che sarà sempre così; perché si è sempre fatto così; perché già quando c’era il don tale; perché…

Manca il coraggio di un gesto folle ovvero di dare ancora una possibilità all’altro, di aprire ancora la porta là dove non sembrava opportuno e dove non si poteva più fare… per scoprire che in fondo non cambia niente e che le due scimmie vivono in pace come prima. Oppure scoprire che cambia tutto, perché finalmente ci si incontra ci si riconosce e nella diversità di caratteri di ciascuno ci si consegna, ci si lascia segnare da qualche graffio, ma si scopre di non essere più soli e di poter saltare in libertà nella propria giovinezza e di guardare pacificati le esuberanze della gioventù.

Aprire è una delle parole chiave del pontificato di Francesco, togliere la separazione è la sintesi teologica profonda che gli ebrei hanno fatto rileggendo la vita di Gesù. E che non sia affatto una perdita di tempo far ballare la scimmia?

Pubblicato da donlucapez

Prete dal della diocesi di Bergamo. Nato a Grosseto nel 1984. Ordinato il 22 maggio 2010. Curato dell'oratorio di Boltiere fino all'agosto del 2018. Dal novembre 2018 missionario fidei donum nella diocesi di Abengorou in Costa d'Avorio

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