Voci

Era la mia prima estate da seminarista, dopo l’anno propedeutico, sarei entrato a settembre in teologia e, durante l’estate, ero stato mandato all’istituto Cottolengo di Torino per vivere un’esperienza caritatevole con i disabili gravi. Da Torino ero partito per un piccolo paese delle montagne piemontesi: Viù, dove i disabili trascorrevano le loro vacanze. E lì mi aveva raggiunto la mia famiglia con il mio parroco. Don Egidio era capace di gesti di gratuità disarmante, tanto sembrava orso, quanto la sua sensibilità era forte. In ogni caso erano quei gesti che mi prendevano il cuore: lasciare la sua parrocchia con le occupazioni, il suo studio, le sue letture, per venire a trovarmi.

A Viù mi ricordo che aveva celebrato le Messa per noi volontari, le suore e i fratelli e aveva commentato la Parola con il suo solito ardore. Poi si era messo in un angolo ed osservava i disabili, le loro sofferenze e la loro malattia e, ne sono certo, nell’intimo del cuore anche lui soffriva con loro. Aveva la sua immancabile sigaretta al mentolo in bocca, l’aspetto come imbronciato, ma quegli occhi sempre vispi che squadravano e catturavano tutto.

Mi viene in mente questo episodio fra i tanti, nel giorno del suo decimo anniversario di morte, mentre con Walter organizziamo la festa per i disabili che stiamo seguendo. Le carrozzine, arrivano alla spicciolata, nel loro puntuale ritardo africano, accentuato da l’imprevedibilità del dovere gestire con poche risorse disabilità a volte molto gravi. Il cortile della Chiesa nello stesso momento si riempie di vetture di lusso perché si sta celebrando il funerale di qualche ricco personaggio e la presenza di numerose autorità è assicurata. Per cui si trovano di fronte un fastoso corteo di lusso e uno sgangherato corteo di zoppi, ciechi, sordi, stampellati, paralizzati e mamme che portano sulla schiena il loro figlioletto disabile. Uno, per quanto appariscente, è un corteo funebre, l’altro, nonostante tutto, è un inno alla vita.

Con i disabili incominciamo la preghiera, sebbene molti non siano cristiani e altri non siano cattolici, tutti partecipano volentieri e ricevono la lettera scritta per loro dal nostro papà-papa Francesco, consegnata all’occasione della giornata mondiale della disabilità. Il papa ci dice che per ricostruire il nostro mondo tanto ferito dalla pandemia, non bisogna considerare mai l’altro come un rifiuto, ma il disabile va incluso ed è necessaria la sua partecipazione attiva nell’opera di ricostruzione. Poi si passa ad un piccolo spettacolo che hanno organizzato i ragazzi più grandi: il piccolo principe. Yannick, un ragazzo gentile e volenteroso che svolge il suo lavoro di maestro alla scuola nel cortile della parrocchia, legge il riassunto della storia ed ogni bimbo diventa un incontro, un pianeta un personaggio incontrato dal piccolo principe. Tutto si conclude con la musica e il pasto per tutti in un clima di serena familiarità.

E mentre la festa si svolge non posso non vedere don Egidio nel cortile della parrocchia, ora come a Viù tanti anni fa, in visita con la sua sigaretta. E, ne sono certo, il suo sguardo vispo non è per la lussuosa cerimonia della Chiesa parrocchiale, ma il suo sguardo è tutto, come sempre, per gli ultimi e i dimenticati di questo mondo, per noi sgangherata tribù che in un angolo celebra una festa senza clamore.

Il giorno dopo è la terza domenica d’avvento chiamata anche domenica della gioia, ed in una domenica della gioia ci lasciò don Egidio, e celebro in un piccolissimo villaggio di nome N’Guessankoffikro. E mentre predico a questa comunità di poche decine di persone, parlo di Giovanni il Battista e non posso non parlare di quella che per me fu per tutta la mia infanzia, adolescenza e giovinezza una voce forte e provocatoria. Come vorrei avere la stessa forza profetica! L’avvento è tempo di speranza e di fiducia e forse il periodo dell’anno che preferisco per il suo carico di promesse… Ne siamo certi la Parola è venuta, viene e verrà: ci saranno voci come quella di Giovanni, come quella di don Egidio, per annunciare la buona novella ai poveri?

Pubblicato da donlucapez

Prete dal della diocesi di Bergamo. Nato a Grosseto nel 1984. Ordinato il 22 maggio 2010. Curato dell'oratorio di Boltiere fino all'agosto del 2018. Dal novembre 2018 missionario fidei donum nella diocesi di Abengorou in Costa d'Avorio

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