Arrivano alla spicciolata in un ordine imprevedibile, chi mezz’ora prima delle 15, orario dell’appuntamento, chi alle 16 con grande calma. Prendono posto sparso alla terrazza della parrocchia, quella stessa terrazza che per loro è diventata un po’ casa, grazie al lavoro di Walter che li accoglie almeno una volta alla settimana. Sono i ragazzi disabili che da ormai due anni conosciamo ed accogliamo.
C’è Anne Victoria adolescente perennemente sorridente sempre vestita come una bambola che scivola sulla dalla sedia a rotelle a causa del tulle troppo abbondante. Accanto a lei il coetaneo Mustapha, mingherlino nella sua carrozzella, pronto a lamentarsi o a rallegrarsi con i suoi gemiti espressivi. Poi ci sono i più grandi, Yannicke che gira per il cortile con la sua andatura strana dando una mano a me e Walter per preparare l’evento, poi c’è Zacharie con le sue stampelle che si è seduto e controlla con gli occhi buoni sempre pronto a dare una mano, e Abraham che arriva con una maglia sgargiante con delle tigri disegnate con le sue due scarpe destre (perché i suoi piedi sono talmente storti che così si sente più comodo) e Stephanie, la nostra super cerbiatta, la ragazza cieca che a causa della gravidanza è divenuta ancora più grossa del solito.
Poi ci sono Sara e Rebecca, due bimbe tutto pepe che ormai hanno risolto buona parte dei loro problemi motori e che si aggirano correndo per la terrazza. Arriva Marie Denise che grazie all’operazione cammina meglio, ma fa ancora molta fatica. E poi non può mancare Ramatoullay, la ragazzina sorda, che non può gustare la musica o i discorsi, ma che non perde mai il filo di quello che avviene. Arriva Ange Marie la piccolina con l’andatura ciondolante ed un sorriso che ti conquista. E poi Ange il terremoto, un bambino simpaticissimo che non sta mai fermo, improvvisa un trenino con don Marco al ritmo di musica e che chiacchera continuamente con il suo linguaggio fatto praticamente solo di vocali! E poi la piccola Divine con i suoi occhi grandi e la sua aria svagata e il piccolo Prince che sembra sempre un po’ arrabbiato con i suoi continui scatti causati dalla malattia e Jean Baptiste bello come un bambolotto con gli occhi spalancati sul mondo, un mondo con cui troppo spesso sembra non entrare in comunicazione. Per ultima arriva Precieuse come una diva. Effettivamente il suo compleanno, che cade proprio quel giorno, è il pretesto per questa festa, ma si avvicina il Natale e per noi diventa un’occasione per salutarsi e ringraziarsi reciprocamente.
Cominciamo con una preghiera. Abraham è incaricato del canto d’ingresso ed ha una bellissima voce e coinvolge tutti, unico problema è che comincia ad incatenare canzone dopo canzone e diventa difficile fermarlo. Yannicke, che, essendo catechista e maestro, è l’intellettuale del gruppo legge il Vangelo: “i vostri nomi sono scritti in cielo”. Molti di questi ragazzi non sono cattolici, alcuni sono mussulmani, ma il messaggio di Gesù è forte… Ognuno di loro è importante, i loro nomi sono scritti in cielo. Walter ha preparato un cartello per ciascuno di loro da affiggere al muro della terrazza, nel nostro piccolo cerchiamo di dirgli che questa è casa loro che per noi loro sono importanti, come dice papa Francesco nel suo messaggio ai disabili di quest’anno: siete amici di Gesù e a casa nella Chiesa. Ma al tempo stesso mi accorgo di come questi disabili siano diventati per me casa, famiglia, presenza quotidiana che non ti giudica, ma che ti accoglie nel poco che sei, nel poco che puoi dare.
A un certo punto Divine mi prende per mano e mi tira verso un’estremità della terrazza che è chiusa verso l’esterno da una porta e da una parete di mattoni forati e proprio attraverso questi mattoni comincia a sbirciare l’esterno. Mi indica qualcosa, ma so che al di là non c’è niente, solo il vialetto d’accesso alla Chiesa battuto dall’impietoso sole africano. E anche se sono convinto che stia indicando un imprecisabile punto del nulla, provo a chinarmi e a guardare dallo spiraglio e capisco che dei due l’unico scemo sono solo io. Divine mi indicava George, un anziano signore con evidenti disturbi psichici che abita in un villaggio a più di cinquanta chilometri della parrocchia e che ogni tanto si prende la briga di raggiungere la città e di accamparsi per settimane nel cortile della parrocchia. E lì dove ero sicuro che non ci fosse niente, appare misteriosamente un bisognoso, forse abbiamo bisogno di occhi da bambino? Ma avrò l’umiltà di cambiare il mio sguardo sul mondo?





