Arrivano a piedi, oppure caricati su pullmini stracolmi o addirittura stipati su camioncini: sono i bambini che parteciperanno all’incontro del loro settore. Benjamin, il nostro responsabile dell’accoglienza, li fa disporre in rigorose file in ordine di altezza e altrettanto rigorosamente venti alla volta ricevono la loro bandana: un compito sfiancante quando i bambini sono circa 2000. Quest’anno sono stato nominato responsabile dei bambini della diocesi di Abengourou, una carica che da ormai quindici anni ricade sempre su un prete bergamasco: prima don Massimo, poi don Marco ed ora io. I predecessori hanno strutturato un sistema di cinque giornate dei bambini, una per ogni settore della diocesi che ha un territorio vasto come tutta la Lombardia. Questo fine settimana saremo di sabato nella città capoluogo di regione e sede vescovile di Abengourou, per poi proseguire verso Arrah, altra cittadina molto distante dal centro della diocesi.
Soprattutto ad Abengourou l’affluenza dei bambini è impressionante, si tratta di una città grande con molte parrocchie anche nelle vicinanze della città. Non è facile organizzare una giornata di questo tipo soprattutto in Africa… A novembre comincio ad inviare in tutte le parrocchie una lettera con il programma delle attività dei bambini che concerne soprattutto le cinque giornate per i cinque settori. Qualche settimana prima dell’incontro invio un volantino e un promemoria per lanciare le iscrizioni e chiedo che la domenica precedente all’incontro mi vengano inviati i numeri esatti dei bambini… Arriva il lunedì e tutto, o quasi tutto tace. Qualche parroco zelante invia il numero… due parrocchie su le trentadue invitate alle differenti giornate rispondono. Comincia una caccia al prete: messaggi, chiamate, pressioni. Qualcuno finge di aver letto in chissà quale volantino che le iscrizioni terminavano mercoledì, altri chiedono proroghe, altri rispondono svogliati e nonostante tutto il lavoro di comunicazione sembrano non sapere niente dell’evento. L’ansia da prestazione sale: Quanto cibo sarà necessario? Di quanti animatori avrò bisogno? L’Africa è imprevedibile così e se a inizio settimana sono io ad inseguire i preti per averi i numeri, gli ultimi giorni sono loro a raggiungermi con numeri continuamente ritoccati.
Nel cortile vengono accolte le delegazioni, Elena, una ragazza che sta vivendo la sua esperienza missionaria, si dà da fare distribuendo bandane di diversi colori. Poi i bambini entrano in una sala dove proietto un piccolo cortometraggio sul tema della famiglia che abbiamo scelto per questi incontri. Molti bimbi mi guardano attoniti e frastornati: chi è questo bianco che ci parla? Qualcuno si lascia andare quando gli faccio una battuta in lingua Agni, tutti sembrano cogliere il senso del tema. Finita la proiezione il gruppo esce dalla sala e, con l’aiuto di un animatore, continua il momento di approfondimento. Nel frattempo un altro gruppo è arrivato ha messo le bandane ed è pronto per il video e la spiegazione. Questa trafila prosegue per due ore: finalmente tutti i bambini sono arrivati invadendo tutta la curia vescovile, luogo che quest’anno è stato individuato per ospitare l’evento. Quando finisce l’accoglienza spero che il vicario della parrocchia che ci ospita, père Roger, abbia preparato la Messa… scopro che è andato in parrocchia per recuperare le casule, ma manca tutto il resto, una tavola, una tovaglia, le particole e soprattutto non si capisce dove sia l’acqua per tutti che la parrocchia ospitante doveva fornire. Ma l’Africa cattolica è anche questo, rigore nell’etichetta: veste, scarpe nere, vestine per tutti i chierichetti, casule e scandalo per dei sandali e un calice in ceramica, ma dietro questa etichetta si rischia di perdere l’essenziale.
Alla fine la Messa è celebrata e riceviamo anche la piacevole sorpresa della visita del Vescovo, me dentro di me fremo per un altro momento critico: ci sarà il cibo per tutti? Finita la Messa scopro che Edouard, l’incaricato del cibo, sta girando per tutti i panettieri della città in cerca di un centinaio di panini perché gli iscritti sono circa duecento in più del previsto. Alla fine ogni bimbo riesce ad avere il suo panino con la scatola di sardine! Mentre il pomeriggio di animazione e confusione comincia. Finiamo l’incontro stremati perché è difficile gestire tanti bambini. Ma subito proseguiamo su Arrah: l’indomani si replica.
Fortunatamente ad Arrah troviamo tutto il necessario: acqua, bibite e pure una bella birra fresca per reidratarsi dopo una giornata al sole senza fonti d’acqua e poi una bella doccia e un bel pasto: Il parroco e il suo vicario hanno veramente preparato un’accoglienza sontuosa.
La domenica i dodici animatori venuti con me da Agnibilekrou sono ormai rodati e la giornata si svolge senza intoppi anche grazie ad un numero di bambini più gestibile (circa 750) e alla premura accogliete del vicario père Jean Claude che è sempre presente con occhio vigile (ci sono dei preti africani molto bravi). E anche io, più disteso, posso godermi la giornata e guardo con affetto e stupore questi bambini che sono il nostro futuro e incrocio gli sguardi della dozzina di animatori che mi hanno accompagnato sono proprio belli… Tornando a casa Elena che è seduta accanto a me si lascia scappare un “che bello” rivolto a non capisco bene cosa. Beh, forse è proprio vero, malgrado la fatica e il caos africano è stato proprio bello!






