Ogni tanto mi lancia il suo sguardo complice e io dall’altare lo tranquillizzo e gli faccio cenno che tutto andrà bene, sono certo che abbia capito tutto, perché con lui è sempre bastato uno sguardo. Dopo una settimana di discussioni si è arrivati al compromesso di sistemarlo davanti alla porta della sagrestia con la sua madrina in modo tale che possa uscire in caso di bisogno. Avrei preferito che per il suo battesimo sedesse con tutti gli altri, ma in realtà molti l’avrebbero voluto come sempre all’esterno della Chiesa, spettatore di una vita che gli ha riservato troppe amarezze, ma a cui lui ha risposto sempre con un sorriso.
Tutti lo chiamano Koffi, il suo cognome, e anche quando cerco di rintracciare i suoi parenti e dono loro un modulo da compilare, non scrivono nessun nome proprio, solo il nome della famiglia. Mi reco con alcuni cristiani nel cortile dove abita e quando dichiaro che vorrei che Koffi fosse battezzato mi guardano straniati. Mi indicano la porta di uno sgabuzzino: è l’appartamento di Koffi. Attendiamo una risposta, ma solo dopo settimane un “amico di famiglia”, o almeno così si presenta, mi dice che non ci sono problemi, mi spiega che in realtà nel cortile dei Koffi nessuno è rimasto. La mamma l’ha abbandonato alla nascita vedendo la sua malattia e qualcuno afferma che sia emigrata in Europa, il padre è morto, come la nonna che l’ha accudito, e i parenti sono tutti ad Abidjan ed ora gli appartamenti della casa di famiglia sono in affitto e lui continua a vivere nel suo stanzino, senza nessuno. Difficile capire la sua età, ma qualcuno dice che abbia più di trent’anni, ho deciso che sul registro di battesimo sarà scritto trentatré, proprio come gli anni di Gesù.
In questo tentativo di ricostruire la sua storia mi imbatto anche in Saramata, una donna musulmana e straniera che da anni si occupa di lavare Koffi almeno ogni tanto. Lei non è sua parente, ma ha sempre avuto a cuore questo ragazzo. Mi confida che, a volte, quando va a lavarlo nel cortile della sua casa, gli affittuari le chiedono il conto dell’acqua che utilizzerà. A volte è capitato anche a noi di lavare Koffi, non è certo una delle cose più gratificanti da fare, soprattutto dopo un paio di settimane che non tocca l’acqua, certo è che lui si diverte molto!
Koffi cammina con una sua andatura ciondolante che penso tutta la città riconosca e una puzza nauseabonda che anticipa il suo passaggio, ha sempre un piatto dove raccoglie quello che la gente gli dona da mangiare e una scodella per bere qualcosa, unica dotazione che gli è stata data per affrontare la vita. Capisce davvero molto, ma purtroppo non riesce ad esprimersi se non con i gesti. Quando è particolarmente contento spalanca la sua bocca e emette il suo tipico “Eh Eh” agitando ritmicamente le mani. La maggior parte del tempo della sua giornata la trascorre nel cortile della Chiesa, un luogo tranquillo, dove trova pace e tranquillità. Seduto sulle panchine passa le ore, assistendo al passaggio delle persone che molto spesso non si curano minimamente di lui. Così salutandoci nel cortile della Chiesa siamo diventati amici. Anche la domenica alla Messa è sempre presente, sempre sul solito banco all’esterno ed è lì che lo vogliono confinare per il giorno del suo battesimo: “farà caos, farà i suoi versi, si agiterà”… in realtà sulla sua sedia accanto alla sagrestia sembra un perfetto chierichetto. Resta seduto ed immobile con le mani giunte, accanto a lui si trova Stephanie una mamma di una ragazza disabile che le fa da madrina perché solo lei può capire la situazione.
Al momento del battesimo si alza stiracchiandosi e si dirige verso di me, fa capire che non ha intenzione di entrare nell’acqua della piscina dove di solito battezziamo e allora verso semplicemente un po’ d’acqua sulla sua testa: “Maurice… ti battezzo nel nome del Padre del Figlio e dello Spirito Santo” e finalmente anche Koffi è di qualcuno, e finalmente anche Koffi ha un nome: Maurice, come il santo patrono della comunità che lo ha accolto. Mentre va a mettersi la veste bianca si volta verso di me e mi indica emettendo i suoi tipici versi. Capisco che vuole ringraziarmi, lo abbraccio con tanto affetto: lui mi ha accolto in questa terra ivoriana, oggi lo accolgo nella Chiesa. A stento trattengo le lacrime di gioia e di sollievo…
Anche nel suo abito bianco resta in Chiesa composto ed ordinato. E solo alla fine esce la sua gioia incontenibile, molte persone vengono a salutarlo a complimentarsi con lui e lo abbracciano. Lui che è sempre in un angolo, allontanato da tutti per il suo odore sgradevole e la sua stranezza, oggi è al centro di tutte le attenzioni.
Dopo la cerimonia abbiamo previsto un pasto per festeggiarlo. Teya, Suzanne e Elodie, le mamme dei bimbi disabili, hanno preparato riso e attieké in abbondanza, però molti degli invitati mancano, forse in pochi credevano che veramente si potesse organizzare un pasto per Koffi, altri ancora avevano avuto inviti alle altre feste di battesimo. Di fatto cominciamo il pasto con qualche lontano parente che si è ricordato del povero Koffi sentendo l’odore del riso, la madrina con la sua famiglia e qualche amico della parrocchia. Eppure il cibo è abbondante, ma come nella parabola evangelica, qualche chiamata, qualche curioso, qualche invitato preso ai crocicchi di Agnibilekrou e la terrazza si riempie di persone. Maurice è contento e perfettamente a suo agio al posto d’onore tra me e la sua madrina.
Molti rimangono colpiti da questo evento e come nella tradizione miracolistica africana invocano un intervento divino per la sua guarigione completa. Ma in fondo Koffi mi sembra l’unico sano, una persona serena, vissuto come scarto di una società che non accetta la disabilità, ma di fronte a tutto questo ha sempre risposto con il sorriso e i suoi versi strani. Forse gli unici malati siamo noi, incapaci di prendersi cura di questo ragazzo in difficoltà. Almeno il giorno del suo battesimo è stato al centro dell’attenzione di una comunità, chissà che questo cammino della nostra guarigione possa continuare o se sia solo il fuoco di paglia di una giornata…
Tanto lo so, caro Koffi, tu ci risponderai sempre con il tuo sorriso sereno, anche se ti abbandoneremo ancora! Grazie Koffi o meglio Maurice, giovane di trentatré anni, proprio come Gesù.







