Nella vita ci sono momenti in cui il cuore batte talmente forte e rimani senza il fiato e senza parole e pure gli occhi si riempiono di lacrime di stupore e non resta altro che ringraziare.
La giornata comincia prima dell’alba, oggi si viaggia verso Abidjan e il percorso non è affatto breve, per arrivare in capitale, infatti bisogna percorrere più di trecento chilometri, la strada è asfaltata, ma attraversa molti centri abitati che, per calmierare la velocità di troppi autisti indisciplinati, hanno piazzato ovunque dei dossi. Il risultato è che il percorso diventa tutto un sobbalzo.
Ma oggi non sono solo, con me ci sono degli straordinari compagni di viaggio, il piccolo Jean Baptiste con mamma Teya e Prince con mamma Elodie. Sono dirette a Bonoua, una città del sud della Costa d’Avorio a poche decine di chilomenti d’Abidjan, dove un medico ortopedico sta costruendo dei tutori per aiutarli nella loro grave disabilità. “Sembrano dei robot” mi dicono le mamme, ed è vero che sono ingabbiati dalla punta del piede alla fronte, ma questi supporti possono migliorare la loro postura ed evitare peggioramenti. Mi commuovono queste mamme pronte a far tutto nella speranza che i loro bimbi stiano meglio. A volte sfogano con me tutto il loro disagio di essere madri di questi bimbi che non hanno diritti, donne sole in una società profondamente maschilista. Eppure nonostante a parole sembrano sempre pronte ad abbandonare i loro bimbi, nei loro gesti mostrano solo un amore incondizionato e commovente.
Elodie, con quella sfacciataggine tipica africana, si presenta all’appuntamento con “qualche bagaglio” una serie di borse, valige e sacchetti che riempiono ogni angolo del pick-up e pure due nipoti da portare in qualche punto imprecisato di Abidjan. Il viaggio comincia, ma con i nostri bimbi disabili qualche pausa è obbligatoria. A complicare il viaggio la nipotina che siede accanto a me comincia a vomitare dappertutto… insomma un vero guazzabuglio ivoriano. Fra pause forzate, dossi, camion da superare e chilometri da macinare arriviamo a Abidjan con il suo traffico tentacolare e l’assoluta mancanza di regole. Come ulteriore prova ci sorprende la pioggia che in questo periodo in capitale è torrenziale e spesso causa inondazioni e disagi importanti. Insomma il viaggio è davvero stressante, ma riusciamo, nonostante le difficoltà a traversare Abidjan e quando arriviamo a Grand Bassam, altra città ivoriana e località famosa per le belle spiagge che si affacciano sull’oceano e propongo di mangiare in un ristornate proprio in riva al mare. L’oceano è particolarmente impetuoso a causa del tempo instabile di queste settimane e le onde hanno preso tutto la spiaggia, accanto a me Teya trema: lei il mare non lo ha mai visto.
Nella vita ci sono momenti in cui il cuore batte talmente forte e rimani senza il fiato e senza parole e pure gli occhi si riempiono di lacrime di stupore e non resta altro che ringraziare. Così Teya guarda il mare, con il suo figlioletto amato legato in vita, gli occhi lucidi e un sorriso di meraviglia. E mentre le onde si infrangono con forza sulla battigia lei le segue con stupore e ammirazione. Devo prenderla per mano per farla avvicinare e farle bagnare almeno i piedi mentre lei sorride come una bambina.
Nella vita ci sono momenti in cui il cuore batte talmente forte e rimani senza il fiato e senza parole e pure gli occhi si riempiono di lacrime di stupore e non resta altro che ringraziare. E Teya continua a ringraziare Dio a invocarlo e vede nel mare la prova lampante della sua esistenza e se la mia testa da occidentale è pronta a tacciarla di ingenuità, il mio cuore dice che questa professione di fede è tanto bella e semplice e che forse quella occidentale è solo arroganza di pensare di possedere il mondo e i suoi misteri. E mentre un telescopio sofisticatissimo fotografa l’origine dell’universo, una mamma ivoriana resta incantata come una bambina a guardare il mare. E che sia la stessa meraviglia? Come Abramo che ammira le stelle de cielo ed i granelli della sabbia del mare.
Teya e Elodie sono felici come bambine, come quando da piccole passeggiavano sotto la pioggia si perdevano nelle pozzanghere di Agnibilekrou… provo a bagnare il piede di Jean Baptiste, ma appena il piede entra a contatto con l’acqua fredda comincia a strillare, ma ce la ridiamo di gusto! Oggi è giorno di festa e le mamme ringraziano i loro bimbi: senza di loro forse il mare non l’avrebbero mai visto. E questi bimbi che pesano su di loro come una condanna oggi sono segno di una grazia più grande. E anche loro, donne meravigliose colpevoli solo di non aver abbandonato loro figlio in difficoltà, oggi sono importanti, oggi sono al mare! E anche io riscopro lo stupore del mare… lo stesso che avevo da bambino quando nonno mi portava a pescare con lui sulla spiaggia deserta. E mi prendo in braccio i miei due bimbi e sento che nella vita ci sono momenti in cui il cuore batte talmente forte e rimani senza fiato e senza parole e pure gli occhi si riempiono di lacrime di stupore e non resta che ringraziare.





